sabato 14 maggio 2016


UNA VOCE DALLA TRAVIATA: O CARRARA O CARA NOI LASCEREMO, LA VITA UNITI TRASCORREREMO,...

UN GRANDE AMORE, DEI CITTADINI, VERSO LA PROPRIA CITTA' - AVVERSATO DA SIGNOROTTI E BARONETTI DI RANGO... E DA BINDA, CON CARICO DI VARIA SERVITU'.

Lo è fin dalla retorica D'Annunziana, DELLE CITTA' DEL SILENZIO su Carrara: “Ma su quante città regnano i belli/ eroi nati dal grembo dei tuoi monti!” E permangono tombali silenzi, a fronte di una tradizione ricca di orgoglio e di avvenimenti che, di “occupazione” e di capitali-investimenti, avèa eletto a proprio monumento. (1) Quel marmo “materiale accademico e reazionario, secondo gli artisti di avanguardia”...”Quando Arturo Martini era sceso a Carrara, prevenuto nei confronti delle troppe sculture in marmo, giudicò, oltre le opere fredde e brutte dell'arte, quelle di una uniformità artistica e commerciale anonima. Sicuro che il suo lavoro ne avrebbe subito la stessa sorte. Ma presto si ricredette; a tal punto che elevò gli operai ad “autentici stradivari”. (2) Con Martini si realizzarono nuove formule espressive “che, rispetto alle tecniche tradizionali risultavano come dei paradossi: un opera, portata avanti fino alla lucidatura, veniva percossa con l'abbozzatore sulla superficie”. Oppure, “il Maestro chiedeva di tirar giù quella testa con una martellata (è la donna che nuota sotto l'acqua), con grave disappunto dei mestieranti”. In compenso, Martini futurista lo fu davvero: in un suo commento “già prevedeva la fine della scultura astratta e la ripresa del figurativo, con il ritorno ai contenuti”. Alla gente “piase sentirse contar delle storie”, disse in dialetto Trevigiano.

È il ritorno alla preminenza del segno - “nei suoi principali aspetti organizzativi e sostanziali del significante” -, quale espressione di un linguaggio chiaro e funzionale alla sua modellizzazione, che è affine alle affettuosità del marmo, altresì idonea a raccoglierne il messaggio estetico. Perciò quello che ancora rimane del patrimonio delle tecniche, del “mestiere della scultura”, [visibile ancora in molte delle opere cittadine], va' recuperato: quelle tracce dei ferri, quel colorismo, quell'impasto particolare, è prezioso, perché è ricchezza non solo percepita, ma il reale che ne promuove altra: solo tale ricchezza incentiva i profitti ed un indotto qualificato. A tal proposito alcune osservazioni su due artisti della seconda metà dell'ottocento, Rodin e Boccioni. Il primo, vicino agli impressionisti, legato all'eroismo e alla monumentalità, “nell'approccio alla scultura invitava a considerare i volumi delle poche forme geometriche del lavoro (sintesi), che vanno al di là del singolo piano (verità cubica)”. Boccioni, “la continuità nello spazio e il dinamismo; l'importanza data al vuoto con l'abolizione della linea finita, e della statua chiusa”. Ebbene, SATRE CONDANNAVA queste innovazioni. “Le statue classiche tradizionali – affermava – vi gettano negli occhi la loro eternità. Ma l'eternità e sinonimo di inerzia; è UN ETERNO ORA. L'auspicio a Carrara, di VIOLETTA E ALFREDO, si chiude così: “de' corsi affanni compenso avrai, la tua salute rifiorirà...

Note (1) Scultura a Carrara Ottocento.

(2) L'uomo di marmo.

L'Apuano il Giovane.

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