giovedì 26 maggio 2016


IPSIA MARMO



RIFLESSIONI SULLA SCULTURA, NON DISSIMILI RISPETTO AD ALTRE SPECIALIZZAZIONI PRESENTI NEL PROGRAMMA SCOLASTICO.



La scuola del marmo, dalla sua antica atipicità ( di arti e mestieri ) ad oggi, dovrebbe aver smarrito qualcosa della sua ricchezza originaria, se le iscrizioni scolastiche registrano preoccupanti abbandoni. Ricordiamo un consiglio datato ma attuale: “Quando personalità, società od istituzioni, soffrono un periodo di crisi, occorre che ritornino ai loro sani principi, a quel periodo aureo originario di manifesta affermazione e radicamento. Ovviamente, nella loro realtà territoriale come nel sentire della gente”. Si è valorizzato moltissimo il ruolo dell'Istituto Professionale ( unico al mondo ), poiché oltre a dare una buona istruzione di base, formava i futuri mestieranti, garantendogli un posto di lavoro gratificante. Ciò rispetto allo sviluppo produttivo di Carrara ed alla sua secolare tradizione. Rispetto a ieri, verso quali indirizzi sociali ed occupazionali è orientata oggi la Scuola? Garantisce una formazione didattica e professionale qualificata? L'aver conseguito il titolo di studio, secondo i programmi dati, significa che si è fornito allo studente tutti i mezzi per poter operare nel mondo del lavoro? Il post tirocinio dovrà solo affinare quelle capacità già in essere, che sono la riproduzione di opere, vari elaborati, o copie artistiche. Oppure è l'abbandono di tutto questo, nella evasiva scansione del solo “mestiere”, meccanicamente e genericamente inteso; che sottende, semplicemente, ad una aspettativa funzionale per un impiego qualsiasi, facendo valere, un diploma di Stato, quale viatico per sfruttare tutte le opportunità date. È pur vero che il “mercato” ha cambiato molte cose nell'universo del marmo, epperò è vera anche un'altra cosa, l'amore per la materia marmo, la passione per la scultura, se uno non c'è l'ha non è che se la può dare, o inventare, seduta stante.

Ripensare alla nostra storia, a quella della Scuola del Marmo, alla dedizione di intere generazioni di famiglie carraresi vissuta dentro il patrimonio di laboratori e botteghe; reinterpretare il tema studio-lavoro alla luce delle nuove realtà, con un serio impegno di tutti, allievi e insegnanti per carpire, oggi, quelle abilità e sensibilità artistico/artigianali che, ieri, quei mestieranti seppero darci. È indubbio che il matrimonio con i laboratori va consumato, in itinere, con fedeltà e dedizione, adeguando il programma di studio e le strutture scolastiche a tale componimento. Altrimenti, la tradizione che contiene, e ancora conserva in sé, un indubbio valore segnico, di sensibilità e modi di rappresentare le cose – patrimonio nella memoria storica di ogni Laboratorio – e come esse hanno caratterizzato la produzione donandogli quell'impronta singolare che è nel nostro DNA. Quindi sono nulli contributi e diplomi, a spaglio; mentre possono germogliare alcune iniziative e pulsioni che individuano, nell'antica filiera, i suoi punti di forza. Istruzione e mestieri possono compenetrarsi: l'unicità di tutto questo, è portare la fabbrica nella scuola, consapevoli di operare nel contesto di un territorio ricco di imprese e con una pesante storia sulle spalle. Ma di tutto questo nessuno si rende conto, così come non esiste una regia, un collegamento efficace tra le varie realtà; eppure il termine “ far sistema “ , vacuo quanto mai, continua, di bocca in bocca, il suo giro trionfale tra simposi, seminari ed altro ancora.

Indichiamo un programma minimo, per attualizzare e pubblicizzare il ruolo del IPSIA nel contesto della realtà sociale ed economica della città. Se si va al cuore del problema , non si può non rilevare la endemica scarsità di adesioni da parte dei giovani. E' il sintomo di legittime aspettativa non soddisfatte? Siano esse occupazionali o deludenti nelle molteplici aspirazioni individuali ed artistiche.

Detto programma può riprendere l'iniziale filiera del mestiere della scultura, partendo da alcune iniziative elementari. Fuori programma, ma degno di futura considerazione, il disegno di figura ed anche di progettazione, con corsi adeguati: il disegno di figura utilissimo allo scolpire; il progetto, per impostare e preventivare un lavoro. Non sottovalutare le vecchie tecniche magistrali nell'arte del levare. Altresì Prevediamo di utilizzare il contributo di figure esterne, artigiani e mestieranti, per mutuarne le esperienze migliori.





TECNICHE DI RIFINITURA E DI RISCATTO



      Importantissima per una perfetta esecuzione dell'opera, la rifinitura è un tantino in ombra rispetto alle precedenti fasi di lavorazione. Gli studenti riescono, anche i meno bravi, a portare a termine la fase di smodellatura; ma non sempre terminano l'opera in maniera soddisfacente. Viene così mortificata una specificità del marmo: quella di essere ben impastato, levigato e/o lucidato in stadi diversi ( a seconda che si voglia maggior opacità o lucentezza ); o quella di esaltare ora i chiari ora gli scuri; ora le linee od una maggiore plasticità, a seconda della lavorazione. Così come nel disegno, pittura e architettura, anche nella scultura è importante la pelle o la texture voluta, effettuata dai passaggi con subbia, gradine, scalpello, smerigli ecc.. Il non finito può esservi compreso dall'esecutore, secondo i suoi intendimenti artistici. Non dobbiamo aver timore nel documentare, tutti i passaggi, tutte le tecniche che abbiamo adottate nel nostro lavoro, mutuando anche quelle degli altri. I nostri predecessori hanno imparato osservando i maestri lavorare e memorizzando così il “mestiere”introiettato dentro di sé. Con questa modesta iniziativa auspichiamo maggiore attenzione da parte della città e delle sue istituzioni; è il nostro messaggio che non demorde, sulla prestigio ed originalità della scuola del marmo. Non secondario è l'intento di stimolare adesioni e contributi. Ripensare all'aiuto pubblico e come rivolgersi ad uno dei tanti santi presenti nel calendario. Gli imprenditori se desiderano onorare il loro status e far profitti dovrebbero investire nell'artigianato e nelle scuole professionali, un tandem che va strutturato con adeguati investimenti. Ignorare questo tema come altri, non solo è sintomo di bieco egoismo, ma non evita prevedibili danni e avversioni incontrollate, quando, disoccupazione, nuove povertà, danni ambientali, non sono più sopportabili. E non sarà più evitabile un doveroso eccesso di “statalismo” che colpirà la manfrina sorniona in essere. E allora qualcuno si ricorderà della Sovranità Costituzionale e degli art. 41-42-43: “l'attività non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recar danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.. ..a fini dell'utilità generale la legge può...trasferire...mediante espropriazione... a Enti Pubblici …”. Questi dettati ci dicono che la proprietà è prima di tutto pubblica. Certo, non sono atti di manifesta libertà, ma nulla potrà mai sorprenderci in questa orda di statalismo rampante, e neppure un vandalismo conforme alla devastazione dei nostri monti, con tutto quello che ne consegue.








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