IPSIA MARMO
RIFLESSIONI
SULLA SCULTURA, NON DISSIMILI RISPETTO AD ALTRE SPECIALIZZAZIONI
PRESENTI NEL PROGRAMMA SCOLASTICO.
La scuola
del marmo, dalla sua antica atipicità ( di arti e mestieri ) ad
oggi, dovrebbe aver smarrito qualcosa della sua ricchezza
originaria, se le iscrizioni scolastiche registrano preoccupanti
abbandoni. Ricordiamo un consiglio datato ma attuale: “Quando
personalità, società od istituzioni, soffrono un periodo di crisi,
occorre che ritornino ai loro sani principi, a quel periodo aureo
originario di manifesta affermazione e radicamento. Ovviamente, nella
loro realtà territoriale come nel sentire della gente”. Si è
valorizzato moltissimo il ruolo dell'Istituto Professionale ( unico
al mondo ), poiché oltre a dare una buona istruzione di base,
formava i futuri mestieranti, garantendogli un posto di lavoro
gratificante. Ciò rispetto allo sviluppo produttivo di Carrara ed
alla sua secolare tradizione. Rispetto a ieri, verso quali indirizzi
sociali ed occupazionali è orientata oggi la Scuola? Garantisce una
formazione didattica e professionale qualificata? L'aver conseguito
il titolo di studio, secondo i programmi dati, significa che si è
fornito allo studente tutti i mezzi per poter operare nel mondo del
lavoro? Il post tirocinio dovrà solo affinare quelle capacità già
in essere, che sono la riproduzione di opere, vari elaborati, o copie
artistiche. Oppure è l'abbandono di tutto questo, nella evasiva
scansione del solo “mestiere”, meccanicamente e genericamente
inteso; che sottende, semplicemente, ad una aspettativa funzionale
per un impiego qualsiasi, facendo valere, un diploma di Stato, quale
viatico per sfruttare tutte le opportunità date. È pur vero che il
“mercato” ha cambiato molte cose nell'universo del marmo, epperò
è vera anche un'altra cosa, l'amore per la materia marmo, la
passione per la scultura, se uno non c'è l'ha non è che se la può
dare, o inventare, seduta stante.
Ripensare
alla nostra storia, a quella della Scuola del Marmo, alla dedizione
di intere generazioni di famiglie carraresi vissuta dentro il
patrimonio di laboratori e botteghe; reinterpretare il tema
studio-lavoro alla luce delle nuove realtà, con un serio impegno di
tutti, allievi e insegnanti per carpire, oggi, quelle abilità e
sensibilità artistico/artigianali che, ieri, quei mestieranti
seppero darci. È indubbio che il matrimonio con i laboratori va
consumato, in itinere, con fedeltà e dedizione, adeguando il
programma di studio e le strutture scolastiche a tale componimento.
Altrimenti, la tradizione che contiene, e ancora conserva in sé, un
indubbio valore segnico, di sensibilità e modi di rappresentare le
cose – patrimonio nella memoria storica di ogni Laboratorio – e
come esse hanno caratterizzato la produzione donandogli
quell'impronta singolare che è nel nostro DNA. Quindi sono nulli
contributi e diplomi, a spaglio; mentre possono germogliare alcune
iniziative e pulsioni che individuano, nell'antica filiera, i suoi
punti di forza. Istruzione e mestieri possono compenetrarsi:
l'unicità di tutto questo, è portare la fabbrica nella scuola,
consapevoli di operare nel contesto di un territorio ricco di
imprese e con una pesante storia sulle spalle. Ma di tutto questo
nessuno si rende conto, così come non esiste una regia, un
collegamento efficace tra le varie realtà; eppure il termine “ far
sistema “ , vacuo quanto mai, continua, di bocca in bocca, il suo
giro trionfale tra simposi, seminari ed altro ancora.
Indichiamo
un programma minimo, per attualizzare e pubblicizzare il ruolo del
IPSIA nel contesto della realtà sociale ed economica della città.
Se si va al cuore del problema , non si può non rilevare la endemica
scarsità di adesioni da parte dei giovani. E' il sintomo di
legittime aspettativa non soddisfatte? Siano esse occupazionali o
deludenti nelle molteplici aspirazioni individuali ed artistiche.
Detto
programma può riprendere l'iniziale filiera del mestiere della
scultura, partendo da alcune iniziative elementari. Fuori programma,
ma degno di futura considerazione, il disegno di figura ed anche di
progettazione, con corsi adeguati: il disegno di figura utilissimo
allo scolpire; il progetto, per impostare e preventivare un lavoro.
Non sottovalutare le vecchie tecniche magistrali nell'arte del
levare. Altresì Prevediamo di utilizzare il contributo di figure
esterne, artigiani e mestieranti, per mutuarne le esperienze
migliori.
TECNICHE
DI RIFINITURA E DI RISCATTO
Importantissima
per una perfetta esecuzione dell'opera, la rifinitura è un tantino
in ombra rispetto alle precedenti fasi di lavorazione. Gli studenti
riescono, anche i meno bravi, a portare a termine la fase di
smodellatura; ma non sempre terminano l'opera in maniera
soddisfacente. Viene così mortificata una specificità del marmo:
quella di essere ben impastato, levigato e/o lucidato in stadi
diversi ( a seconda che si voglia maggior opacità o lucentezza );
o quella di esaltare ora i chiari ora gli scuri; ora le linee od
una maggiore plasticità, a seconda della lavorazione. Così come
nel disegno, pittura e architettura, anche nella scultura è
importante la pelle o la texture voluta, effettuata dai passaggi
con subbia, gradine, scalpello, smerigli ecc.. Il non finito può
esservi compreso dall'esecutore, secondo i suoi intendimenti
artistici. Non dobbiamo aver timore nel documentare, tutti i
passaggi, tutte le tecniche che abbiamo adottate nel nostro lavoro,
mutuando anche quelle degli altri. I nostri predecessori hanno
imparato osservando i maestri lavorare e memorizzando così il
“mestiere”introiettato dentro di sé. Con questa modesta
iniziativa auspichiamo maggiore attenzione da parte della città e
delle sue istituzioni; è il nostro messaggio che non demorde,
sulla prestigio ed originalità della scuola del marmo. Non
secondario è l'intento di stimolare adesioni e contributi.
Ripensare all'aiuto pubblico e come rivolgersi ad uno dei tanti
santi presenti nel calendario. Gli imprenditori se desiderano
onorare il loro status e far profitti dovrebbero investire
nell'artigianato e nelle scuole professionali, un tandem che va
strutturato con adeguati investimenti. Ignorare questo tema come
altri, non solo è sintomo di bieco egoismo, ma non evita
prevedibili danni e avversioni incontrollate, quando,
disoccupazione, nuove povertà, danni ambientali, non sono più
sopportabili. E non sarà più evitabile un doveroso eccesso di
“statalismo” che colpirà la manfrina sorniona in essere. E
allora qualcuno si ricorderà della Sovranità Costituzionale e
degli art. 41-42-43: “l'attività non può svolgersi in contrasto
con l'utilità sociale o in modo da recar danno alla sicurezza,
alla libertà, alla dignità umana.. ..a fini dell'utilità
generale la legge può...trasferire...mediante espropriazione... a
Enti Pubblici …”. Questi dettati ci dicono che la proprietà è
prima di tutto pubblica. Certo, non sono atti di manifesta libertà,
ma nulla potrà mai sorprenderci in questa orda di statalismo
rampante, e neppure un vandalismo conforme alla devastazione dei
nostri monti, con tutto quello che ne consegue.
Nessun commento:
Posta un commento